Recovery Plan: Carmine Di Nuzzo a capo della task force

È di ieri, 24 febbraio 2021, la notizia che ad occuparsi di coordinare il Recovery Plan per conto del Governo sarà Carmine Di Nuzzo, dirigente della Ragioneria generale dello Stato, che gode della fiducia del ministro Daniele Franco con il quale ha lavorato per i sette anni al Tesoro. Monitoraggio, rendicontazione puntuale degli investimenti programmati, compiti di coordinamento e raccordo che non saranno limitati al Mef, ma estesi all’intero governo. La struttura guidata da Di Nuzzo sarà il fulcro del confronto con gli altri ministeri per la predisposizione e l’attuazione del nuovo Recovery.

La task force dovrà completare con i dettagli sui singoli progetti, gli obiettivi strategici richiesti dalle linee guida della Commissione per dare il via libera agli esborsi.

Per beneficiare del finanziamento del RRF, ogni Stato membro dovrà presentare un piano nazionale per la ripresa e la resilienza relativo all’agenda di riforme e investimenti per l’intero periodo 2021-2023.

Secondo le conclusioni del Consiglio europeo, il contributo finanziario massimo sarà composto da due stanziamenti: 70% dei 312,5 miliardi di euro disponibili per le sovvenzioni (ovvero: 218,75 miliardi), il metodo chiave di allocazione terrà conto di: popolazione, l’inverso di PIL pro capite e il tasso medio di disoccupazione negli ultimi 5 anni (2015-2019) rispetto alla media UE.

Per il restante 30% della dotazione disponibile per le sovvenzioni (ovvero: 93,75 miliardi), la formula sostituirà l’indicatore del tasso di disoccupazione 2015-2019 con la perdita osservata del PIL reale nel 2020 (per il 50%) e con la perdita cumulata osservata in PIL reale nel periodo 2020-2021 (per il 50%).

Al fine di evitare un’eccessiva concentrazione su alcuni Stati membri e garantire l’accesso ai finanziamenti a tutti, i prestiti saranno limitati al 6,8% dell’RNL di ciascuno Stato membro, come chiarito nelle conclusioni del Consiglio europeo. Il limite però può essere aumentato in circostanze eccezionali valutandone i singoli casi.

L’obiettivo dello strumento è fornire sostegno finanziario sia agli investimenti che alle riforme.

In Italia il Recovery Plan è stato denominato Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) e si focalizza in particolare sulla riforma fiscale, sulla digitalizzazione e sulla transizione verde.

Sono state individuate sei principali missioni legate ad altrettante aree tematiche strutturali di intervento, e sottoinsiemi di progetti omogenei e funzionali a realizzare gli obiettivi economico-sociali definiti nella strategia del Governo.

Le missioni sono:

  • Digitalizzazione, innovazione e competitività del sistema produttivo e la Pubblica Amministrazione, l’istruzione, la Sanità e il Fisco;
  • Rivoluzione verde e transizione ecologica;
  • Infrastrutture, per la mobilità e le telecomunicazioni, con la realizzazione di una Rete nazionale in fibra ottica, lo sviluppo delle reti 5G e l’Alta Velocità;
  • Istruzione, formazione, ricerca e cultura;
  • Equità sociale, di genere e territoriale, con focus sulle politiche attive del lavoro e sul piano per il Sud;
  • Salute.

Mentre gli obiettivi che il Paese vuole raggiungere grazie al PNRR sono innanzitutto ridurre l’impatto sociale ed economico della crisi pandemica, raddoppiare il tasso medio di crescita dell’economia italiana (dallo 0,8% dell’ultimo decennio all’1,6% in linea con la media UE), aumentare gli investimenti pubblici, portare il tasso di occupazione al 73,2%; innalzare gli indicatori di benessere, equità e sostenibilità ambientale, promuovere filiere agroalimentari sostenibili e combattere gli sprechi alimentari, garantire la sostenibilità e la resilienza della finanza pubblica, rafforzare la sicurezza e la resilienza del Paese nei confronti di calamità naturali, cambiamenti climatici, crisi epidemiche e rischi geopolitici; ridurre l’abbandono scolastico e l’inattività dei giovani quindi migliorare la preparazione degli studenti e la quota di diplomati e laureati; aumentare l’aspettativa di vita in buona salute e migliorare il tasso di natalità e la crescita demografica. E soprattutto ridurre i divari territoriali di reddito, occupazione, dotazione infrastrutturale e livello dei servizi pubblici su tutto il territorio.

I 209 miliardi di euro finanziati dall’Unione Europea rappresentano per l’Italia un’occasione unica per poter avviare tutte le riforme e gli obiettivi prefissati.

L’obiettivo quindi (come si legge nell’ultima versione del PNRR approvata dal Consiglio dei Ministri il 12 gennaio 2021) è di affrontare le profonde trasformazioni imposte dalla duplice transizione ecologica e digitale. Una sfida che richiede una forte collaborazione fra pubblico e privato.

Si punta al rafforzamento del ruolo delle donne, al contrasto alle discriminazioni di genere, all’accrescimento delle competenze, della capacità e delle prospettive occupazionali dei giovani, al riequilibrio territoriale e allo sviluppo del Mezzogiorno. Priorità che vanno perseguite con un approccio integrato e trasversale.

Per ottenere i fondi europei previsti dal Recovery Fund i Paesi Membri dell’Unione Europea devono rispettare determinati vincoli stabiliti da Bruxelles. I Paesi che non si impegneranno ad affrontare in modo efficace tutte o un numero significativo delle sfide individuate rischiano la bocciatura del documento e, conseguentemente, di non ricevere alcuna sovvenzione/prestito dall’Unione.

Le richieste dell’UE inviate all’Italia sono:

– attuare tutte le misure necessarie per affrontare la pandemia di Covid-19 e sostenere l’economia e la successiva ripresa;

– rafforzare la resilienza e la capacità per quanto riguarda gli operatori sanitari, i prodotti medici essenziali e le infrastrutture, migliorando il coordinamento tra autorità nazionali e regionali, i processi di governance e i piani di preparazione alle crisi e colmando la carenza di investimenti pubblici nell’assistenza sanitaria;

– fornire redditi sostitutivi e accesso al sistema di protezione sociale adeguati;

– attenuare l’impatto della crisi sull’occupazione.

Inoltre tra le raccomandazioni inviate dalla Commissione UE c’è quella di ampliare il Reddito di Cittadinanza (RdC) per raggiungere tutti i gruppi più vulnerabili. Richiesta che il Governo Draghi dovrà cercare in tutti i modi di rispettare al fine di evitare la perdita del RRF.

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